
La Russia ha annunciato un secondo round di colloqui diretti con l’Ucraina. Appuntamento a Istanbul il 2 giugno, e stavolta – dicono – porteranno anche un memorandum con “le condizioni di pace”. Entrambe le parti sembrano ancora lontanissime su tutto. Ma andiamo con ordine.
La mossa russa (e cosa possiamo aspettarci)
Secondo Mosca, la delegazione guidata da Medinsky sarebbe pronta a presentare i punti discussi lo scorso 16 maggio. Cioè, la famosa “bozza di pace” con le condizioni di base.
Possiamo immagina quali siano quelle russe:
– Niente NATO per l’Ucraina
– Riconoscimento dei territori annessi
– Fine delle sanzioni occidentali
In pratica, si riparte da dove ci si era fermati nel 2022. Ma con molte più pretese da parte russa, visto che nel frattempo stanno guadagnando terreno sul campo. Il che, nel gergo dei colloqui, si traduce in: “questo lo teniamo, quello ce lo prendiamo, quell’altro lo rivogliamo”.
E l’Ucraina?
L’Ucraina, dal canto suo, ha risposto chiedendo di ricevere prima il documento russo. Come dire: “fammi leggere prima le condizioni, poi vediamo se vale la pena parlarne”. Ma i colloqui servono proprio a questo, no? A parlarsi. A spiegarsi. A capire se c’è uno spiraglio. Chiedere il documento prima è come pretendere lo spoiler di un film prima di decidere se andare al cinema.
Zelensky propone (e la Russia respinge)
Nel frattempo Zelensky, sempre più attivo sul piano mediatico, ha proposto un vertice trilaterale con Putin e Trump. Risposta russa? Un secco “niet”. E giù accuse: Mosca lo fa apposta per continuare la guerra. Ma la dinamica è sempre quella: si fanno proposte che si sa già verranno rifiutate, così si può dire “vedete? Non vogliono la pace”.
Nel frattempo, la Germania di Merz ha annunciato che aiuterà l’Ucraina a produrre missili a lungo raggio. Come a dire: “sì, parliamo di pace, ma nel dubbio, armati fino ai denti”. Perché si sa: l’unico modo per favorire il dialogo è aumentare la portata dei razzi.
L’Europa, gli USA… e Trump alla finestra
L’Europa? Alterna voci e silenzi. Macron, Starmer, Tusk… ruotano come i protagonisti di una serie Netflix con troppi episodi filler. Trump invece osserva tutto da lontano. Dice che Putin “sta giocando col fuoco”, ma poi si limita a post su Truth. Le vere azioni restano altrove. O non ci sono proprio.
Il tutto mentre l’Europa si bea dei propri successi istituzionali: Ursula von der Leyen riceve il Premio Carlo Magno per aver “tenuto unita l’Europa”… a suon di 17 pacchetti di sanzioni alla Russia. Unanimità sempre raggiunta, anche con paesi riluttanti come Ungheria e Slovacchia. “Alla fine abbiamo sempre vinto”, ha detto un politico tedesco. Non proprio lo slogan più rassicurante del mondo.
In sintesi
– Il 2 giugno a Istanbul si torna a parlare.
– La Russia vuole garanzie scritte sulla NATO e riconoscimento territoriale.
– L’Ucraina chiede di vedere le carte prima di giocare.
– I “volenterosi” europei fanno e disfano.
– Trump guarda e tace (poco).
– E la guerra? Continua, ovviamente.
E noi? Restiamo a guardare, cercando di capire se stavolta qualcosa cambierà davvero.
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